Serata col botto

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Tornavo a casa dopo una cena devastante da amici, con un rapporto litri di vino/persone decisamente sbilanciato a favore dei primi. Avevo passato l’ultima mezzora a dormire sul divano, appesantito dalla ‘nduja e dai formaggi siciliani, mentre intorno impazzavano le danze e le dame alcoliche, sia il gioco che le ragazze, s’intende.
I temporali intensi di quei giorni, in questo maggio atipico e imprevedibile, mi stavano dando un attimo di tregua proprio per il tempo di percorrere il lungarno e infilarmi in strade più riparate, nel caso ricominciasse a piovere.
Ero in compagnia di una ragazzo che stava andando a un’altra festa, nonostante fosse completamente sbronzo, per lui la notte era ancora giovane. In effetti non sapevo nemmeno che ora era, ma non avevo nemmeno il bisogno di pensarci: un’altra sera cancellata dalla memoria, poi il letto. La conversazione con il ragazzo era anche interessante, per cui il primo chilometro di passeggiata l’ho passato tranquillamente chiacchierando delle distorsioni del sistema dei media e altre filosofie complottiste legate ai grandi poteri, per quello che ricordo.
Salutato il ragazzo ho preso il telefono per cercare compagnia lungo la strada di casa, di scrivere non se ne parlava nemmeno, per cui ho deciso di chiamare la mia fidanzata, se dormiva l’avrei svegliata, amen.
Nemmeno il tempo di dire “Ciao”, e mi piomba addosso qualcosa di molto pesante dall’alto, forse un masso, un borsone, non lo so, fatto sta che mi ritrovo a terra, in una pozzanghera, con il telefono scaraventato chissà dove. Ho preso una botta in testa che forse avrei accusato di più se fossi stato sobrio, e pochi secondi dopo già sento crescere un bernoccolo di dimensioni epiche. Avevo il braccio dolorante e per i primi minuti non sono riuscito a muoverlo, avendo picchiato violentemente con il gomito sulla pietra dura del marciapiede.
Sento arrivare delle persone dall’altra parte della strada, mentre sono ancora steso a terra:
“Stai bene? Quello ti si è lanciato addosso!”
“Non lo so, non ci ho capito un cazzo.”
I passanti mi aiutano ad alzarmi. “Mentre camminavi un tizio ti si è lanciato addosso dalle spallette. Ma lo conosci?”
“Non lo so non l’ho visto proprio, non mi sono accorto di niente, per me era un meteorite. Dov’è il mio telefono?”
Mi guardo intorno per cercare il telefono e finalmente realizzo cosa era successo: sul marciapiede poco distante da me, un ragazzo sulla ventina, probabilmente nord africano, giaceva a terra con la testa spaccata e un fiotto di sangue che gli usciva dalla ferita. I passanti avevano già chiamato ambulanza e polizia. Raccatto le mie cose, il telefono fortunatamente funzionava ancora, e vado via. Non ho bisogno di cure, non voglio sporgere denuncia, voglio solo domire. Pensa un po’ tu, scampato al temporale mi doveva piombare addosso un marocchino ubriaco.

Eravamo tranquilli in un bar dall’altro lato della strada, quando vediamo un tizio che spicca un salto incredibile dal muretto che costeggia il marciapiede. Inizialmente abbiamo pensato che fosse uno scherzo, poi abbiamo sentito un tonfo sordo e un grido da parte di un passante. Ci affacciamo dalla fila di macchine parcheggiate e vediamo questi due stesi a terra, immobili.
Uno di loro ha una grossa ferita alla testa, per cui chiamo ambulanza e polizia, l’altro inizia a muoversi ma sembra completamente stordito e disorientato. Attraversiamo la strada per soccorerli. Il ferito è meglio non toccarlo, mentre l’altro viene aiutato da un mio amico ad alzarsi. Blatera qualcosa sbiascicando, raccatta le sue cose e nel giro di qualche minuto se ne va, mentre arrivano ambulanza e polizia.
“Chi è questo? Lo conoscete?” chiede l’ufficiale.
“Non sappiamo chi sia, ma abbiamo assistito alla scena. Si è lanciato su un passante cadendogli addosso, poi è rotolato a terra e ha picchiato violentemente la testa. L’altro ragazzo diceva di stare bene, è già andato via.”
“Ma i due si conoscono?”
“Pare di no.”
“Niente colluttazione, avete sentito se parlavano prima dell’incidente?”
“No, uno semplicemente passava e l’altro gli è caduto addosso.”
L’ufficiale si avvicina al ferito, cerca nelle tasche. Tira fuori il portafogli.
“Ovviamente senza documenti. Va bene ragazzi, grazie della segnalazione, potete tornare alla vostra serata. Fate spazio ai soccorsi.”

Arriviamo all’altezza del Ponte di Mezzo per la segnalazione di un ferito grave. Intorno il solito capannello di curiosi, due volanti della polizia e una fila di macchine bloccate dalla folla. Scendo a dare un’occhiata e trovo un ufficiale chino sul ferito.
“Si allontani, mi faccia controllare di cosa c’è bisogno.”
“Fate subito, sta perdendo molto sangue.”
A terra c’è un giovane con la testa fracassata.
“Ha controllato se ha documenti?”
“Niente di niente.”
Dovremo anche risalire al gruppo sanguigno, a giudicare dalla quantità di sangue che perde avremo bisogno di una trasfusione. Chiedo al mio collega di passarmi un collare e prendere la barella. Inizio ad immobilizzare il ragazzo, appena sollevo la testa emette un gemito e si muove. Abbiamo tempi molto stretti. Lo carichiamo con facilità sulla barella, è esile e leggero.
Arrivati al pronto soccorso scopriamo che nonostante la ferita grave non ci sono grandi danni.
Torno a trovare il ragazzo in ospedale dopo due giorni, ha la testa fasciata e così resterà a lungo. Tuttavia mi sembra sereno, anche riposato. Gli chiedo il perchè del suo gesto.

“Ero ubriaco. Volevo fare uno scherzo per fare amicizia, volevo essere Batman.”

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