Ero appena uscita da una trattoria da sbornia pesante con vinaccio avariato, tipica per studenti cazzoni e squattrinati. Ci muovevamo come un gregge disordinato alla ricerca di una méta, quando passa questo tizio sconosciuto e gli altri si precipitano nella sua macchina. Eravamo in otto lì dentro, schiacciati contro la carrozzeria, eravamo un tutt’uno con essa.
Il tragitto è stato breve e confuso, quando arrivati davanti a un baretto di cocainomani reietti, scendiamo dalla macchina. Appena poso piede a terra il tizio che mi stava vicino, uno sbarbato toscano che si era dimenticato il cervello a casa e pensava di fare il temerario, o forse non lo aveva mai avuto e si nutriva del coraggio degli stolti, mi alza la gonna scoprendomi completamente le natiche. Mi giro a guardarlo nei suoi occhietti alcolici, mentre pare che dalla bocca gli scenda un filo di bava umida.
“Riprovaci un’altra volta e ti tiro un calcio nei coglioni, idiota!”
E lui “Ma che t’ho fatto, la parità dei sessi e altre menate e poi non hai un minimo di apertura mentale!”
“Riprovaci e sarai tu ad avere qualcosa di aperto.”
Lo sbarbato si allontana, si guarda intorno con fare circospetto e torna alla carica, ciondolando mentre versa la birra a terra ad ogni passo.
“Che sarà mai, come se non avessi mai visto un culo.”
“Ascolta, se io ti scendessi i pantaloni qui, in questo momento, davanti a tutti, tu saresti contento, sì?”
“Eh…sì!”
“Ecco, vedi, la parità dei sessi e tutto quello che vuoi, ma non significa che non ci siano differenze tra uomini e donne. Questa è una di quelle. Non c’entra niente con il rispetto che uomini e donne meritano a prescindere, che io chiamo uguaglianza. Io ti ho avvisato, e se ci riprovi un calcio nelle palle non te lo toglie nessuno.”
Il ragazzo se ne va, continua a ridere, forse pensava ancora ai ruoli invertiti che gli avevo prospettato, ma tanto sono gli uomini, vivono di seghe mentali.
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