Calipso

Pizzica Salentina
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Tu con il fuoco nei piedi
i diamanti negli occhi
lunghe corde dal mare di notte
intrecciate su uno scrigno
che rendi vulcano.

Spazi possibili, spazi infiniti
sono dove ritrovi
i pensieri più vivi
di vita irreale
e infinita poesia.

Poi torni , stupisci
scorri limpida
e sorgi con mille suoni,
ricette in parte sconosciute
ma forte e bella
ti stagli
tra alberi grigi
di cemento bagnato.

Tre chili di tette

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“Peso 53 chili, 50 senza tette.”
“Come fa a saperlo, le ha pesate?”
“Esattamente.”
“E come ha fatto, si è distesa sulla bilancia?”
“Ahah, no, che sciocco. Ho usato la bilancia da cucina. Le ho pesate singolarmente.”
“Qui è una questione di grasso corporeo. Nel caso dovesse dimagrire o ingrassare a noi interessa che i suoi seni rimangano così come sono.”
“Per chiarezza le dico anche che il peso varia, in alcuni periodi del mese arrivano a 3 chili e mezzo. Però io peso comunque 50 chili.”
“Sono rifatte?”
“No, totalmente naturali. Tenute su dai pettorali.”
“Stia attenta a non prendere o perdere peso allora. Andrebbe a loro discapito.”
“Ahaha. E’ bello come ne parla come se fossero delle entità distinte dalla mia persona. In effetti comincio a considerarle anche io così. Un mezzo per uno scopo, due cagnolini da portare a spasso. Un riempitivo della noia, un giocattolo per chi capita.”
“Non si preoccupi per loro. Non pensano. Altre cose che dovremmo sapere riguardo il suo seno?”
“Sì, mi mancano i capezzoli.”
“Non c’è problema. Useremo dei copricapezzoli. Sa farle roteare?”
“Certo, roteare, ballare, muovere. So anche farle parlare. Si muovono e parlano. Ho una formazione base da ventriloqua.”
“Ottimo. Complimenti, signorine. Ci vediamo sul set tra una settimana.”

Irregolarità urbane

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Il pavimento è rigonfio
sotto piloni d’asfalto e cemento
come se anche loro
animati da vita propria
mettessero le radici
facendosi strada
tra gli stretti corridoi
della stazione affollata.

Lo Spadaccino

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Lecca dalla lama il veleno
di una biscia trafitta tra i sassi
steso al fianco di un cane zoppo e cieco
che gli asciuga il sangue ormai nero.

La sua ombra scivola sui muri
non sente il rumore dei passi
con la lingua immersa nel ferro
e la vita sbriciolata al suolo.

Ma la falce della luna percorre i fianchi
delle orbite dissolte nel deserto
di mondi trovati quando perse i suoi guanti
e scambiò le sue spade lucenti
con due corde da legarsi strette ai polsi.

Che la guida era il cane gramo
con le zampe imbrattate
da impronte rosso sangue
calpestate nelle pozze che il guerriero
si dimentica di levare alle sue vene.

Collezionava vedove nere
ne beveva due dita tutte le sere
ma le bestie non chiamano amici
quando le braccia diventano cicatrici.

Nel camino niente legna da ardere
nei suoi occhi senza sogni da perdere
una sera tra l’inferno e le spade
dette fuoco al letto del padre.