Lo Spadaccino

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Lecca dalla lama il veleno
di una biscia trafitta tra i sassi
steso al fianco di un cane zoppo e cieco
che gli asciuga il sangue ormai nero.

La sua ombra scivola sui muri
non sente il rumore dei passi
con la lingua immersa nel ferro
e la vita sbriciolata al suolo.

Ma la falce della luna percorre i fianchi
delle orbite dissolte nel deserto
di mondi trovati quando perse i suoi guanti
e scambiò le sue spade lucenti
con due corde da legarsi strette ai polsi.

Che la guida era il cane gramo
con le zampe imbrattate
da impronte rosso sangue
calpestate nelle pozze che il guerriero
si dimentica di levare alle sue vene.

Collezionava vedove nere
ne beveva due dita tutte le sere
ma le bestie non chiamano amici
quando le braccia diventano cicatrici.

Nel camino niente legna da ardere
nei suoi occhi senza sogni da perdere
una sera tra l’inferno e le spade
dette fuoco al letto del padre.

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